In questi giorni su uno dei principali gruppi per appassionati di audio e musica è nata l’ennesima discussione sui cavi di segnale.
Quello che continuo ad osservare è che queste tematiche sono ancora oggi affrontate in modo parziale e, più spesso “spiegate da stregoni” piuttosto che da tecnici.
Le convinzioni basate su credenze o fatti pseudo scientifici la fanno da padrone col risultato di suscitare comportamenti estremi su entrambi i fronti: da una parte i cavo scettici che banalizzano l’importanza dei cavi di qualità, dall’altra chi invece colleziona cavi anche costosissimi fino ad arrivare a chi addirittura ne propone modelli e tipologie a seconda del genere musicale dell’utente!
Il buon senso ovviamente vorrebbe stare in mezzo e di fatto entrambi gli atteggiamenti sono sostanzialmente errati.
Posto che i cavi hanno di fatto influenza sull’esperienza di ascolto, si tratta comunque di differenze minime e talvolta percettibili a malapena.
E’ innanzitutto importante comprendere che la sostituzione di un cavo ha senso solo ed esclusivamente su elettroniche di livello adeguato, perché su sistemi la cui trasparenza al segnale e la capacità dinamica è già intrinsecamente compromessa, nessun cavo potrà mai sortire effetti benefici.
La sostituzione di un cavo con uno di livello superiore è come modificare di qualche millimetro l’assetto di una macchina da corsa modificando di qualche grado l’inclinazione degli spoiler: modifiche dunque di “fine tuning” su sistemi che già di base hanno prestazioni molto elevate.
Ma il punto che voglio evidenziare qui non è questo, bensì la speculazione che si è innescata dietro il mercato dei cavi audio spesso basati su trovati commerciali che nulla hanno a che vedere con la fisica e la chimica dei materiali ma che vengono spacciati per tali.
A tal proposito, nella discussione di questi giorni si parlava di cavi di qualità superiore spiegati come cavi “fuori dal comune” perché realizzati con rame ricotto e trattato per essere “depurato” dal famigerato ossigeno, dunque parlavano dell’ormai famoso “Oxigen Free”.
Ecco, è arrivato il momento di porre fine a questa baggianata e lo faremo a breve con delle misure di laboratorio.
Intanto sappi che per il rame standard, quello comunemente utilizzato per quasi tutti i tipi di conduttori, inclusi quelli per gli impianti elettrici, le “impurità” variano da circa 200 a 500 PPM ovvero Parti Per Milione.
Se ci mettiamo nella peggiore delle ipotesi, con il rame standard avente un rapporto di 500 su 1.000.000, ricaviamo una percentuale di parti che “ostruiscono” per così dire il flusso elettronico pari allo 0,05%.
E’ come se in una conduttura d’acqua da 1 pollice, con una superficie di circa 490 mm quadrati, inserissimo uno spago con una sezione pari a 0,24 mm quadrati.
Comprendiamo perfettamente che un “ostacolo” di 0,24 mmq, all’interno di un condotto di 490 mmq non ha praticamente alcuna influenza.
Dal punto di vista elettrico il comportamento è assolutamente lo stesso.
Pertanto un cavo con prestazioni migliori rispetto ad un altro lo deve alla sua sezione, la sua geometria, i materiali isolanti e le terminazioni finali e NON al tipo di rame utilizzato.
Le ragioni poi per cui il movimento elettronico – a determinate condizioni – genera calore, sono diverse e nulla hanno a che vedere con le impurità del rame standard.
Se desideri sapere di più non esitare a porre domande qui sotto.
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Buon ascolto
Juan Del Vecchio