La verità sugli amplificatori in classe D

La verità sugli amplificatori in classe D per la riproduzione della musica in ambiente domestico

SENZAZIONALEEEE…. AMPLI 600+600W a poco più di 40 euri spedizione inclusaaaa!

Sembra il titolo di un giornale di altri tempi e invece è uno dei tanti post con i quali si lodano prodotti che si vogliono far passare per la nuova Alta Fedeltà audio in sostituzione delle tecnologie tradizionali.

Quello che potresti avere letto o ascoltato in giro e sul web ha una importanza relativa, oggi vediamo i (pochi in realtà) motivi inconfutabili che definiscono pregi e difetti di questi amplificatori e quindi la convenienza o meno di utilizzarli in impianti di riproduzione audio che vogliono essere di elevato livello o addirittura del massivo livello – ad oggi – tecnicamente possibile.

Ci sono addirittura gruppi social ad essi dedicati che ne tessono e decantano lodi come se questi fossero la soluzione a tutti i mali dell’amplificazione musicale sia dal punto di vista audio sia dal punto di vista dei costi.

Cominciamo col dire che questi sono venuti rapidamente famosi per la loro potenza elevata a fronte di dimensioni molto compatte e basse dissipazioni di calore.

Peccato però, che anche in questi casi nessuno si preoccupa di definire in modo corretto le potenze dichiarate, continuando puntualmente a confondere (prendere in giro) la maggioranza degli utenti.

Si parla spesso di centinaia di watt come se fossero noccioline, vediamo adesso con un esempio pratico cosa sono realmente i 600 watt dichiarati per un prodotto e confermati da “un esperto” che lo consiglia agli appassionati, come uno degli ultimi strepitosi trovati, assolutamente da provare: 

Analizziamo bene il grafico fornito con il prodotto. La prima cosa che possiamo osservare è che la potenza indicata si riferisce ad un carico di 2 Ohm, e che però tale potenza non è 600W bensì 400W, potenza che scende naturalmente a 300W su 3 Ohm e a 200W su 4 Ohm.

Il primo dato falso è quindi la potenza di targa (massima).

Una potenza di 200W su un carico di 4 Ohm significa che sullo standard di 8 Ohm la potenza che l’amplificatore è in grado di erogare è pari a soli 100 W.

Ma proseguiamo osservando che in corrispondenza di 200 W, sempre riferiti a 4 Ohm, la distorsione subisce una impennata e che quindi, quel dato coincide con il clipping, di fatto, da quel punto in avanti il suono sarebbe assolutamente distorto e inascoltabile.

Questo ci dice che i 200 watt massimi riferiti a 4 Ohm, alias 100W massimi su 8 Ohm, sono la potenza massima picco – picco che l’amplificatore è in grado di erogare prima di raggiungere il clipping.

Dalla nota relazione matematica secondo la quale la potenza picco – picco è pari a 8 volte la potenza RMS continua, ricaviamo che questo amplificatore è capace di erogare una potenza RMS sullo standard di 8 Ohm di soli  100 / 8 = 12,5 WATT  !!

Si hai capito bene, l’amplificatore mostruoso da 600 e passa watt qui presentato è equivalente ad un qualsiasi amplificatore in classe AB di soli 12,5 watt, che praticamente non esiste neanche, in quanto oggi le potenze commerciali partono da 20/30 watt RMS per canale.

E qui, avrai dunque capito come giocano con i numeri per raggirare il pubblico e orientarlo in una direzione piuttosto che un’altra.

Ha davvero senso un tale amplificatore in classe D per uso domestico? E’ davvero così tanto e così importante il “risparmio Termico” e quindi il risparmio energetico che ne deriva dal suo impiego? La risposta ovviamente è NO.

Un modesto e onesto amplificatore da 50/60 W sarà certamente in grado di fornire prestazioni di gran lunga superiori, almeno sotto il profilo della potenza.

Un altro limite di questi amplificatori utilizzati in ambito domestico è legato alla distorsione complessiva e di fase non omogenea lungo tutta la banda audio, foriera di ritardi / anticipi che possono verificarsi anche in modo casuale in funzione del programma musicale, problema che invece non si pone assolutamente in ambito professionale dove tali moduli vengono utilizzati in multi-amplificazione, ciascuno di essi amplifica solo porzioni limitate dell’insieme musicale in quanto i vari moduli sono dedicati ai singoli strumenti e ai singoli microfoni.

In ambito domestico, piaccia o no, il segnale musicale che ne ricaviamo all’uscita è giocoforza un segnale campionato e dunque ricostruito. Entrare nel merito dei processi in atto e delle dinamiche sottese al loro reale funzionamento non è l’obiettivo di questo articolo, ma voglio renderne comprensibile il concetto con un esempio pratico: se il segnale amplificato da un single end in pura classe A è un caffè espresso, il segnale amplificato da un modulo in classe D è una bevanda al gusto di caffè.

Potrà anche piacerti di più il secondo, qui questo non è importante, ma un caffè rimane un caffè e un surrogato rimane appunto un surrogato!

Un amplificatore in classe D di contro ha un grande vantaggio intrinseco rispetto alla quasi totalità degli amplificatori tradizionali sul mercato, fanno eccezione gli amplificatori a valvole e gli amplificatori certificati AODM di Key Silence:

Essi sono strutturati in simmetria pura,  ovvero le due sezioni che amplificano la semionda positiva e la semionda negativa del segnale audio, sono perfettamente identici.

A differenza della simmetria complementare quasi universalmente utilizzata che impiega transistors finali di tipo PNP e di tipo NPN per  le due semionde, la topologia circuitale dei classe D utilizza tipicamente solo transistors di tipo NPN o a canale N, questo li rende naturalmente più coerenti rispetto alle simmetrie complementari che invece soffrono delle pur minime differenze esistenti nei due rami.

Vedremo altri aspetti degli amplificatori in classe D in un secondo momento, per adesso spero avrai capito il perché oggi non dovresti utilizzarne uno sul tuo impianto audio principale, specialmente se ascolti musica acustica e il canto.

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Buona musica
Juan Del vecchio

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